L’ATTESA REGIA DI PIERO MESSINA

L’ATTESA

REGIA DI PIERO MESSINA

 

25/09/2015.”L’attesa” è il magnifico esordio italiano firmato da Piero Messina, ambientato in una campagna siciliana che diventa luogo /della memoria. Il film è una tela che poggia su un realismo emotivo, inglobato in un impianto visivo forte e di grande impatto. Volti iconici simili a maschere, ritmi lenti e solenni, dettagliata cura delle immagini: il regista sfugge alla narrazione codificata, scavando nelle pieghe dell’elaborazione del lutto capace di prendere insoliti sentieri.
La protagonista è Anna (Juliette Binoche), una bella donna francese che vive in un’antica e fastosa villa siciliana, avvitata su se stessa dopo aver subito un dolore inaccettabile, vissuto in estrema solitudine e senza condivisione: la morte del figlio. Ne sono una testimonianza i drappi neri agli specchi, le donne vestite di scuro che fanno condoglianze di rito, la presenza discreta di Pietro, fedele dipendente che la segue, unitamente al muro di silenzio che la separa dal mondo.
Il dolore di Anna subisce una metamorfosi quando arriva l’inattesa Jeanne, una stupenda ragazza, anche lei francese, piena di gioia di vivere. Afferma di essere la fidanzata di Giuseppe (suo figlio deceduto), da lui invitata a trascorrere qualche giorno di vacanza. Ma Giuseppe non arriva, tutto ciò che gli appartiene è dentro la sua stanza. “Ritornerà presto”, le dice Anna non riuscendo a pronunciare una verità per lei insostenibile. Ha comportamenti irrazionali, cucina per la ragazza, prova per lei complicità e simpatia, anche se la giovane resta per un po’ sulla difensiva. “Perche le fai questo?” chiede Pietro ad Anna. Ma per lei è come se la negazione della morte di suo figlio lo tenesse in vita, rimandando il dolore.
Anna occulta la verità a Jeanne, giunta in Sicilia in cerca del perdono del suo uomo. Siamo a pochi giorni dalla Pasqua, Giuseppe deve arrivare e la sua attesa diventa ossessiva.
I ritmi cambiano, seguendo l’evoluzione di Anna, le sequenze iniziali lunghe e intense ci fanno immergere in un’atmosfera stagnante ma, come evidenziato dal regista Piero Messina alla Mostra del Cinema di Venezia, “l’idea è stata proprio quella di iniziare il film in questa sospensione quasi temporale. Anna è immobile, attonita di fronte a questo dolore, ed è come se il ritmo del film dovesse seguire l’andamento di questo personaggio: se all’inizio la donna ha occhi privi di vita e la casa è silente, l’arrivo di questa ragazza porta la vita dentro le mura. Più Anna si risveglia, più il film prende un altro ritmo. Mi interessava che lo spettatore vivesse il film nel personaggio di Anna”.
La Binoche crea perfettamente questa identità dolente, misteriosa come una sfinge, si ispira all’immaginazione emotiva ed il suo volto iconico esprime le più intense sfumature filtrate dalle capacità attoriali. Jeanne è interpretata invece dall’attrice Lou De Läage, che si rivela più che mai un’ottima interprete capace di duettare con una grande come la Binoche.

Ma come è nata l’idea del film? “Nel 2006 – ha spiegato ancora il regista – un amico francese mi raccontò la storia di un uomo che aveva vissuto un lutto decidendo di non parlarne, al punto da coinvolgere persone accanto a lui. Quel racconto mi ha molto colpito e per tanto tempo sono tornato a rifletterci sopra, ma non con l’idea di fare un film. Il film è nato nel momento in cui pensare a questa cosa mi ha risvegliato il ricordo delle processioni della mia infanzia”.

Nel film il rito della processione è infatti nodale, sinonimo di morte – resurrezione, forse presa di coscienza dell’ineluttabilità della morte. Delle processioni siciliane rimangono a Messina ricordi forti, legati alla sua infanzia. “Era qualcosa di molto violento vedere questi volti trasfigurati che piangevano, urlavano di fronte ad una statua di legno, qualcosa per me incomprensibile. Queste immagini mi hanno sempre accompagnato. Nel momento in cui le ho messe in scena, il fatto che siano ricordi d’infanzia mi ha aiutato a costruire anche immagini che non sono folcloristiche né documentaristiche, ma che trasfigurano quello che è realmente la processione”.
E’ evidente la comunanza tra i personaggi del film che vivono arroccandosi in una loro una realtà e quelli delle processioni che decidono di rifugiarsi in una loro verità di fede.

di Paola Olivieri