Quando gli occhi sensibili del grande Vittorio De Sica guardavano l’Italia del dopoguerra.

1604 2020″ Come premio ,nostro padre ci mandava a Napoli ogni estate da mia zia.Era la gioia più grande che poteva riservarci la vita. ( “Vittorio De Sica”,Gualtiero De Santi , Il Castoro ,Cinema).

De Sica ha sempre amato Napoli.Dichiarava che i suoi genitori erano napoletani, ma sua figlia Emi dice:Invece non era vero,perchè napoletano era soltanto suo padre , mentra la mamma,come tutta la famiglia materna,era romana” ( Vittorio De Sica “Un maestro chiaro e sincero Giancarlo Governi, Bompiani).Il ricordo di questa città è presente nei momenti salienti della sua cinematografia,così come il ricordo dell’amatissimo padre a cui dedicherà il commovente film intitolato ” Umberto D”.La carriera del futuro grande regista inizia come brillante interprete di cinque commedie sentimentali molto calibrate firmate da Camerini,con protagonista femminile la bellissima Assia Noris: ” Gli uomini che  mascalzoni”( 1932) ” Darò un milione ( 1935) Ma non è una cosa seria (1936) Il signor Max ( 1937) Grandi Magazzini ( 1939).Ne ” Il Signor Max” De Sica è Gianni,un venditore di giornali piccolo borghese deciso a corteggiare Paola, donna dell’alta società. Assume così l’indentità di Max, un amico benestante. Con grande disinvoltura veste i panni dell’aristocratico che si gigioneggia tra partite di tennis e bridge.

In ” Gli uomini che mascalzoni”ambientato a Milano, protagonista è un giovane che corteggia una ragazza e la porta con sè sull’automobile del suo principale:un contrattempo li farà litigare e l’uomo perderà anche il posto d’autista. Ma il lieto fine è assicurato perchè i due convoleranno a nozze.Il film “Gli uomini che mascalzoni”fu un grande successo in quanto racchiudeva una novità:era girato in esterni alla Fiera di Milano da poco inaugurata e vanta la collaborazione di Andrea Bixio che non conosceva la musica ma scrisse il motivo ” Parlami d’amore Mariù” che fu considerato non accettabile dalla Cines .( Vittorio De Sica Un maestro chiaro e sincero Giancarlo Governi , Bompiani).Camerini non cedette aveva compreso che la canzone poteva incontrare i gusti del pubblico.  Come si evidenzia in “Vittorio De Sica Un maestro chiaro e sincero Giancarlo Governi , Bompiani” il regista introdusse la canzone “Parlami d’amore Mariù” contro il volere della Cines interpretato dallo stesso De Sica in una scena dentro una trattoria sul Lago Maggiore dove c’era un organino.  ” Andammo in uno di quei posti dove si facevano i rulli per i pianini,con le punte. Ce lo fecero per la mattina alle sette, alle otto partimmo,misi questo rullo dentro l’organino  e quella musica rimase nel fim”.In ” Darò un milione”Camerini affida a De Sica il ruolo di Gold,un milionario stanco di frivolezze che,dopo ver tentato il suicidio ed essere stato salvato da un vagabondo,decide di travestirsi lui stesso da barbone,promettendo un milione a chi compirà una buona azione nei suoi confronti. I grandi gesti pagheranno.Un libertino che si sposa per restare libero nelle sue avventure è il tema del film “Ma non è una cosa seria”, dove il legame si rivelerà invece duraturo e vero.In” Grandi Magazzini” la protagonista è una commessa accusata di furti ,che viene ricattata. Ma la ragazza,fidanzata con un autista,è però innocente e si scopre che l’autore dei furti è proprio il ricattatore.La prima regia di De Sica fu ” Rose Scarlatte”( 1940),a cui seguirono ” Maddalena…zero in condatto” (1940 ),” Teresa Venerdì ( 1941), ” Un garibaldino in convento”( 1942). In ” Teresa Venerdì”appare una splendida Anna Magnani che sfodera tutta la sua personalità e si rivela “una sciantosa dal piglio plebeo e scatenato “(Ugo  Pirro,”Celluloide Rizzoli Cinema).L’attrice attira l’attenzione e si affermerà con due film,” Campo dei fiori”di Mario Bonnard e ” L’ultima carrozzella”di Mario Mattoli,facendo coppia Aldo Fabrizi. L’intreccio di questi film si basa su elementi ricorrenti:i protagonisti convolano tutti a giuste nozze ,le amiche litigano e si riappacificano e l’ambientazione è in collegi o orfanotrofi.

Con ” I bambini ci guardano”( 1944) e ” Sciuscià”( 1946) Vittorio De Sica e Cesare Zavattini continuarono ad analizzare il mondo dell’infanzia,in stretta correlazione con una società distrutta,regolata dalle leggi della sopravvivenza e formata da adulti indifferenti alla vulnerabilità dell’adolescenza. I balocchi sfuggono presto dalle mani di questi bambini,vittime ignare della complessità della vita di quel periodo. ” I bambini ci guardano” è ispirato a un romanzo di Cesare Giulio Viola intitolato” Pricò”. Il titolo del film è opera di Zavattini. Nel film si assiste alla disgregazione di un nucleo familiare a causa di un intreccio passionale.L’opera è originale rispetto agli schemi cinematografici del momenti,in quanto lo sfaldamento a causa di un adulterio era pensato solo in ambienti sociali molto elevati. La sofferenza è resa drammatica più che mai ,l’inganno si insinua in una comune famiglia distruggendo il felice ordine dei sentimenti,lascaindo che solitudine,tribolazione e incomunicabilità prendano il sopravvento.Chi ne farà le spese sarà il figlio della coppia. La dimensione del dolore è talmente sentita che insieme ad ” Ossessione” di Visconti il fu anticipatore  di un nuovo cinema. I protagonisti di “Sciuscià” sono invece Pasquale e Giuseppe,due lustrascarpe che vivono di piccoli espedienti guadagnando pochi spiccioli  e sognando di acquistare un cavallo ,che rappresenta la fuga magica dalla realtà.” E’ un film di ragazzi ,di quelli che la guerra ha gettato con un colpo di coda,a sei,a otto,a dieci anni,nella lotta per l’esistenza” ( Dino Risi nel libro ” De Sica e  Zavattini.Parliamo tanto di noi” di Paolo Nuzzi e Ottavio Iemma ,Editori Riuniti).Non solo il racconto di un’infanzia negata,ma un atto di accusa verso quelle terribili e ingannevoli distorsioni innescate dalle autorità nel carcere minorile,subite dai due protagonisti. In questa parabola dolorosa,la convergenza di elementi quali l’inganno,l’amicizia tradita ,il maltrattamento ,scatenerà una tragedia che si materializzerà in una fuga verso la morte. Un j’accuse per gli adulti indifferenti al valore della giovinezza che,noncuranti ,lasciano delinquere i figli.Dieci anni dopo Truffaut firmò ” Quattrocento colpi”avvalendosi di altri registri e prendendo in esame un altro dramma adolescenziale,ambientato a Parigi.Sciuscià ebbe l’Oscar e Sergio Amidei ,che fu co-sceneggiatore ,scrisse che aveva trovato certe scene” più belle di come le avevate innaginate ” (De Sica e Zavattini .Parliamo tanto di noi”di PaoloNuzzi e Ottavio Iemma,Editore Riuniti,1997). In questo bellissimo film  la fotografia fu curata da Anchise Brizzi ,un altro magnifico poppese come Piero Gherardi.La storia di ” Ladri di biciclette”è causale. Zavattini incontrò Luigi Bartolini,autore dell’omonimo il libro e, nella notte seguente,lesse il libro e si emozionò . ” Per quanto tutta la vicenda si svolgesse in un mondo molto diverso dal mio dichiarò in seguito a Michele Gandin cheIl Castoro lo intervistava  qualcosa si mise in moto nella mia fantasia. Le ore passavano e noi riuscivo ad addormentarmi :ero ossessionato dalle biciclette” ( Vittorio De Sica , Gualtiero De Santi, Il Castoro CINEMA).

Luigi Bartolini vendette i diritti alla Casa di Produzione De Sica e Zavattini scrisse un primo soggetto. La trama è semplice. Antonio è un uomo indigente,dal volto scavato, che nasconde una grande fragilità. E’ riuscito a trovare un lavoro come attacchino di manifesti,la moglie dà in pegno le lenzuola per disimpegnare la sua bicicletta. In quel periodo questo semplice mezzo era indispensabile in quanto dava possibilità di lavorare o di raggiungere il luogo di lavoro. Forse la vita di Antonio può ricominciare,ma la situazione precipita: mentre incolla un manifesto gli rubano la bicicletta.L’inseguimento del ladro risulta inutile e inizia così una ricerca insieme al figlioletto Bruno.La disperazione di Antonio cresce e ,rinunciando allponestà,decide di rubare a sua volta una bicicletta, ma viene rincorso e fermato. Interviene Bruno che,attraverso un pianto sincero e liberatorio,suscita una tale commozione che salverà il padre. Il piccolo ha visto il padre soccombere , lo prenderà per mano portandolo via.Dove andranno ? Di sicuro resisteranno quelle mani che si stringono  e racchiudono i veri valori,ma il percorso di rinascita sarà lungo e doloroso. Le intense e graffianti immagini filmiche ci rivelano la vita reale :appare il rovescio della medaglia della città eterna attraversata da una realtà sociale esausta che vive le incertezze  e le conseguenze delle ristrettezze economiche.De Sica ,avvalendosi del linguaggio delle emozioni, ma sempre con occhio vigile e disincantato,compie un’analisi su uno spaccato di vita del dopoguerra , rivela una popolazione piagata , estremamente sola ,che si nutre attingendo all’ampolla della speranza sociale .

” Ladri di Biciclette diventerà un classico,entrerà nella storia cinema,come punta di diamante del Neorealismo,film opera che segna il connubio tra Vittorio De Sica e Cesare Zavattini.Nel 1951 uscì ” Miracolo a Milano , un prodigio di poesia favolistica che sul grande schermo produsse un’amara denincia dell’emarginazione,capace di andare dritta al cuore attraverso i suoi protagonisti,esseri puri quasi angelicati. Commuove l’innocenza del protagonista , di nome Totò, un orfanello simile a un angioletto che dispensa miracoli impensabili e al tempo stesso si oppone alle ingiustizie sociali. Per il piccolo Totò e gli emarginati la vita elargirà dei raggi di speranza ? Nonostante tutto per loro la vita è ancora bella,specialmente quando la realtà si bagna di fantasia attraverso l’impossibile viaggio  degli emarginati su una scopa che li trasporterà nel regno “dove buongiorno veramente vuol dire buongiorno”. Ma dove vanno? Il finale è aperto come solo possono essere alcune favole…De Sica e Zavattini abbandonano i toni favolistici per tornare alla cruda realtà con ” Umberto D” un altro mirabile frutto di grande cinema: il protagonista è un ex pensionato statale di nome Umberto Domenico Ferrari, che vive con alterà dignità la sua povertà come il suo isolamento.Abita in una camera in affitto insieme al suo cagnolino Flike:la pensione che percepisce non copre più il debito con la sua padrona di casa che gli invia . Egli chiede aiuto ad ex colleghi ma ottiene solo dei rifiuti,pensa di elemosinare in giro ma questo lede la sua dignità che rimarrà integra ma pulsante di veri valori.Ormai non ha più scampo ,vive nel vicolo cieco della disperazione e pensa la suicidio insieme al suo cane .Quest’ultimo ,fiutato il pericolo ,spaventato dal frastuono del treno in corsa ,gli fuggirà salvandolo e insegnandogli, a suo modo ,che la vita regala sempre un raggio di sole . Anche questo personaggio così intenso incarna grandi valori ,che si riveleranno fulgidi e nonstante sia un emarginato,oppresso da decadenza fisica  e indifferenza sociale.

Come si evidenzia in ” Vittorio De Sica Un Maestro chiaro e sincero  di Giancarlo Governi  Bompiani” ,il regista racconta che  in America Merl Oberon organizzò un grande pranzo invitando da Sam Goldwyn a Chaplin . Fu proiettato Umberto D , ed a proiezione avvenuta Chaplin rimase con gli occhi chiusi immobile .” Poi allargò le braccia ,aprì gli occhi  e disse “Grande,De Sica ,un grande film” .

Per De Sica la carriera di regista e quella di attore corrono su piani opposti . Autore di pagine di grande cinema,al contempo interpreta il simpatico carabiniere ” Pane ,amore e fantasia”( 1953) di Dino Risi.Nel 1959 recita come protagonista ne ” Il generale Della Rovere” di Roberto Rossellini ,realizzato su soggetto di Indro Montanelli.Il fil,,girato in quattro settimane ,fu presentato XX Mostra del Cinema di Venezia. Ottenne il ” Leone d’Oro” ex aequo con ” La Grande Guerra” di Mario Monicelli. L’interpretazione di De Sica fu splendida :spogliandosi dei suoi precedenti ruoli più leggeri, si confermp interprete drammatico

Paola Olivieri Alfinito (I sogni del Cinema Italiano tra registi e dive Edizioni Helicon)