Indimenticabile momento tra Truffaut e Hitchock

 

Il 21 ottobre 1984 il mondo piangeva il grande François Truffaut. Nel 1983 finì e pubblicò  il libro  “ Il cinema secondo Hitchcock “ che ,nella prima edizione del 1967, non includeva un supplementare capitolo  contenente   riflessioni su film del regista inglese  girati  dopo 1962 dal maestro del brivido.  E’ innegabile che il testo ha segnato la storia della critica, ma lo sguardo di Truffaut scruta anche  l’uomo che c’era dietro l’impassibile regista britannico. Truffaut e Hitchcook   sono due pilastri , due autori immensi, hanno rivoluzionato la settima arte rendendola  più intensa, trasferendo  in esso tutta la loro inesauribile  creatività.

Per Truffaut , Il cinema era la vera vita , sprigionante  la sua carica  vitale ,percepibile nelle  opere   capaci di sedurre il pubblico, attraverso passionarie storie  vissute da personaggi che sono entrati nell’immaginario collettivo.  Questi amori impossibili ,sono  narrati con una tale modernità e gamma di sfumature che, travalicano i cambiamenti sociali, stringendo lo spettatore in una vasta rete di emozioni.  Tutto si intreccia  in girandola che non si ferma mai , un incantesimo nel quale  elementi  autobiografici di Truffaut forgiano i  personaggi intrappolati dentro  storie senza via di uscita. La vita dello stesso regista sembra un film! Mero  quadrivio di  straboccante passioni  e terribile sofferenze  che hanno  segnato profondamente  la sua esistenza. L’adolescenza scombinata del piccolo François è  causata dalla sua condizione di figlio illegittimo di una giovane donna : la nonna,  alleva il piccolo ,ma alla sua morte va a  vivere con la madre Janine   ed il marito Roland Truffaut a cui deve il cognome.  Negli anni dell’occupazione frequenta i cinema ed è anche un furibondo  lettore. Qualcosa di terribile  cambia la sua esistenza: commette una marachella ed  il patrigno Roland, stanco di questo ragazzo ,  lo consegna alla polizia. Le porte del riformatorio si aprono, ma un angelo di nome  André Bazin lo salva ottenendo anche l’affidamento.

“ André è stato l’uomo che ho amato di più. Lui e ( sua moglie ) Janine mi hanno adottato nel momento in cui mi trovavo inmiseria  e hanno messo fine al periodo più penoso della mia vita” ( cit 1) dice dice Truffaut a proposito di Bazin. Quest’ultimo  lo proteggerà in disavventure ben più gravi. Bazin è stato uno dei più grandi critici del 900’,  scriveva  di cinema per i quotidiani  tra i più accreditati di quel momento, ma aspirava ad collocazione più alta per il cinema .  “ Si direbbe che quest’arte singolare non abbia un passato , né uno spessore, come le ombre imponderabili dello schermo . E’ ora di inventare una critica cinematografica in rilievo”  ( cit 2)scrive nel 1943 sull’écho des étudiants . E’ stato l’intellettuale  che ha dato il via  ad  una generazione di critici,ma allo stesso tempo sognava  un pubblico colto, capace di comprendere il complesso linguaggio cinematografico per creare un dibattito  .

Nel 1951, Bazin  fonda  una rivista intitolata Cahiers du Cinéma insieme a  Jacques Doniol-Valcroze e Jean-Marie Lo Duca: la frizzante redazione pullulerà di quelle battagliere penne promotori della Nouvelle Vague . Truffaut in particolar modo ma anche Godard, Rivette, Rohmer, Chabrol si coalizzeranno per progettare  un nuovo sguardo cinematografico scontrandosi con  quella scia di registi  appartenenti alla  cosiddetta tradizione di qualità.

Nel  gennaio del 1954 sempre su Cahier esce il saggio  firmato da Truffaut   “ Une certain tendence du cinéma francais “un duro   attacco ai  registi quali  C. Autant-Lara, Allégret, Clément , J. Delannoy, R. Clément, Y. etcc insieme ai sceneggiatori come   J. Aurenche e P. Bost. Ma già  nell’ottobre del 1952 il critico Michel Dordsay scrive un articolo un articolo intitolato “ Il cinema è morto” a proposito del film “ Quando le donne amano”. Nelle considerazioni finali si legge “ Si arriva piano piano a un cinema che non sarà mai temuto ,che sarà molto saggio e carino, e immerso nel ridere o nella cultura, perché il ridere e la cultura sono stati i grandi argomenti…”  ( La cinefilia . Invenzione di uno sguardo , storia di una cultura 1944 68)

Si apre una vera guerra tra i critici e registi che porterà l’affermazione dei giovani della rivista Cahiers che , di lì a poco, si metteranno dietro la macchina lasciando una impronta ed una serie di discepoli.

Truffaut firma l’autobiografico “I quattrocento colpi” (1959) il cui plot affonda le sue radici nel suo difficile vissuto a cui seguiranno “Tirate sul pianista (1960) e “Jules e Jim “(1962) .  Dopo appena tre film, il giovane regista francese è già un autore di livello internazionale, ma dentro di lui scalpita il battagliero spirito critico che non lo abbandonerà mai. Ha sempre amato Hitchcock e le sue competenze critiche lo portano ad elaborare un  grandioso progetto.

Truffaut si reca negli studi della Universal ed il 13 agosto del 1962,fa una lunghissima intervista ad Alfred Hitchcock che dura una settimana interrotta dai pranzi: fondamentale è la presenza di Helen Scott. interprete ed editor di altissimo livello.

Il regista critico Kent Jones che, insieme a Martin Scorsese ha firmato lo splendido “A letter to Elia “, dedicato al grande Elia Kazan, ha scelto di focalizzare la sua attenzione su questo ’irrepetibile incontro del 1962. Jones, costruisce un puzzle con materiali d’ archivio, registrazioni audio, fotografie di Philippe Halsman che si intrecciano a dichiarazioni di odierni  registi invitati a partecipare al documentario. Il documentario Hitchcock Truffaut ripercorre i momenti salienti dell’intervista nella quale emerge la genialità del regista inglese veicolante  attraverso immagini uniche  tematiche complesse .

Scorsese, Fincher, Assayas , Schrader, Anderson, Bogdanovich  Desplechin e Linklater si stringono dentro profonde riflessioni sull’importanza artistica dell’appassionante quanto geometrico linguaggio hitchockiano che ha lasciato un segno nella cinematografia. I suoi film sono fonte di ispirazione anche per i registi attuali.

Le sequenze filmiche di  “Psyco” ( 1960) “ Vertigo la donna che visse due volte” ( 1958) Caccia al ladro( 1955) etc …. giocano un ruolo chiave, aprono linee parallele a quei preziosi dialoghi tra il giovane Truffaut ed Hitch mentre si confrontano circa i rispettivi rapporti con gli  attori . Nel famosissimo“Notorius L’amante perduta ” ( 1946) la mdp pedina  Cary Grant e Ingrid Bergman mentre passeggiano  baciandosi offrendo come  dice il regista “ offrono menage a trois con il pubblico  “, .Per Hich gli attori erano elementi  delle immagini che dovevano catalizzare l’attenzione del pubblico, quindi incurante  del  disagio delle star che potessero accusare come delle loro ribellioni.  David Fincher apprezza la grande attenzione  del regista circa “ la caratterizzazione delle tensioni psicologiche dei personaggi”  interpretate da  attori che diventavano nelle mani di Hicht strumenti meravigliosi.    E che dire del MacGuffin, oggetto oppure  “espediente” intorno al quale ruota inizialmente tutto il film? La busta dei soldi rubati di Psyco,le fiale di uranio di Notorius, le chiavi che aprono cantine , oppure eleganti borsette  “si caricano di una componente freudiana” dice Paul Schrader.  Tutto assume una nuova valenza come succede negli  incubi. “I suoi film funzionano nel silenzio” dice Richard Linklater forse perché per  Hicht  “ il muto era la forma più pura”.

Il regista si  poneva profonde questioni  come” rimanere fedeli alla curva  ascendente di una storia o sperimentare di più prendendo  libertà con la narrazione”. Rimase fedele a se stesso ,amava precipitare  lo spettatore dentro terribili ingranaggi dominati da creature meravigliose da lui inventate.Anche Truffaut si impossessava del suo pubblico, ma egli  era era il  cantore  dell’amou fou , sempre  alla spasmodica ricerca impossibile della felicità attraversando un marasma di emozioni contrastanti.

Paola Olivieri.

1 Il Cinema di Truffaut di Paola Malanga  Baldini Castoldi

(cit 1 ,2)

si caricano di una componente freudiana

offrono menage a trois con il pubblico

I suoi film funzionano nel silenzio.

rimanere fedeli alla curva  ascendente di una storia o sperimentare di più prendendo  libertà con la narrative

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