I grandi registi italiani: Matteo Garrone con “Il Racconto dei Racconti

IL RACCONTO DEI RACCONTI   TALE OF TALES

REGIA: Matteo Garrone

Cast: Salma Hayek, Vincent Cassel, Toby Jones, John C. Reilly, Alba Rohrwacher, Massimo Ceccherini, Shirley Henderson, Stacy Martin, Hayley Carmichael, Bebe Cave, Guillaume Delaunay, Christian Lees, Jonah Lees, Laura Pizzirani, Renato Scarpa, Kathryn Hunter, Franco Pistoni.    PAESE: Italia, Francia.    DURATA: 128 Min.    DISTRIBUZIONE: 01 Distribution

 

Matteo Garrone è sbarcato  al 68° Festival di Cannes con “Il racconto dei racconti”  ed  in una intervista con la giornalista Teresa Marchini dell’ Huffigton Post ha dichiarato: “Il mio è un film che un po’ spiazza, non te lo aspetti, specie da un italiano. All’inizio, mi rendo conto, non sai bene come relazionartici, ci vuole un po’ di tempo, devi metabolizzarlo. Più ti abbandoni, più ti lasci andare, più sarà facile emozionarsi. Più ti irrigidisci in partenza, più resterai esterno, lontano”.  (Huffington Post, 14 maggio 2015, “Il racconto dei racconti” a Cannes, parla Matteo Garrone: “Pochi tiepidi applausi della stampa? Per me conta il pubblico”.  E pensa a una serie tv).

Da Gomorra a un fantasy a carattere episodico per questo regista capitolino che non manca mai di varcare nuovi confini.

C’era una volta un regno… anzi tre regni vicini e senza tempo, dove vivevano, nei loro castelli, re e regine, principi e principesse. Un re libertino e dissoluto.  Una principessa data in sposa ad un orribile orco.  Una regina ossessionata dal desiderio di un figlio che non arriva.  Accanto a loro, troviamo maghi, streghe e terribili mostri, ma anche saltimbanchi, cortigiani e vecchie lavandaie.  E sono tutti i protagonisti di questa libera interpretazione delle celebri fiabe di Giambattista Basile (“Lo cunto de li cunti”, raccolta di 50 racconti scritti in napoletano).

La regina di Selvascura (Salma  Hayek) è al centro del racconto “La cerva“. Non sorride più perché è sterile  ed ossessionata dal desiderio di avere un figlio dal suo consorte. Perde il lume della ragione e segue il suggerimento di un mago: per rimanere gravida dovrà mangiare il cuore di un drago, nonostante l’audace pasto includa la morte del marito, costretto a  combattere con un  mostro. “E quando il cuore fu cotto – scrive Giambattista Basile – la regina, dopo averlo appena assaporato, si sentì gonfiare la  pancia,  e  in  quattro  giorni  tutte  a  un  tempo,  lei  e  la  damigella,  fecero  un  bel maschione per una, così uguali spiccicati che non si riconosceva questo da quello”. Sedici anni dopo, sempre la stessa regina tesserà la più crudele delle lotte: separare l’inseparabile.  Non accetta che suo figlio Elias sia l’altra parte di Jonas, il figlio della damigella. La nuova ossessione la farà cadere in un nuovo sortilegio suggerito dal mago: questa volta  il pericolo per lei sarà ancora più grande e la condurrà alla morte.

Nel secondo racconto, “La vecchia scorticata”, il re di Roccaforte è ossessionato dalla carnalità che lo ha reso uomo dai bassi istinti.  Una voce melodiosa lo farà cadere nella rete di due anziane sorelle, Imma e Dora, talmente legate da sembrare gemelle. Tra inganni e magheggiamenti di fate nascoste nei boschi, Dora sarà trasformata in una creatura bellissima e riuscirà a sposare il re. Imma invece, rimasta anziana, non si capacita dell’improvvisa trasformazione della sorella ed ingaggia una morbosa lotta contro il tempo e la decadenza fisica e alla morte.

Nel terzo episodio, “La pulce”, Viola è la figlia del redi Altomonte  sogna un principe azzurro che sembra non arrivare mai. L’egoista padre è morbosamente legato ad un insetto, per l’esattezza sua pulce, che nutre con carne e sangue fino a farla crescere a dismisura. La morte della pulce influirà sul destino di Viola. Il conflitto generazionale con il padre e la sua violenta lotta per riconquistare la libertà saranno gli strumenti che porteranno alla nascita di un nuovo regno. E’ nella scena finale che la vede sul trono che ritroviamo tutti i personaggi dei racconti con lo sguardo improvvisamente rivolto verso il cielo, dove un equilibrista cammina su un filo infuocato, a simboleggiare l’instabilità dell’esistenza. Fuggiranno alcuni, resteranno altri, per mantenere gli equilibri del mondo.

“Per i miei film precedenti – dice Garrone – sono partito da fatti reali, e li ho trasfigurati fino ai confini di una dimensione quasi fantastica.  In questo caso, invece, abbiamo compiuto il percorso inverso: abbiamo preso spunto da  situazioni  fiabesche  per  poi  ricondurle  su  un  piano  realistico  e concreto, credibile, anche attraverso un lavoro di sottrazione, affinché lo spettatore potesse  in  ogni  momento  sentirsi  parte del racconto,  e immedesimarsi nelle avventure vissute dai nostri personaggi del 600”. Il regista attinge a piene mani da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile (raccolta di 50 fiabe scritte in napoletano), scegliendo la lingua inglese per i tre racconti trasposti cinematograficamente. Tutti e tre, secondo Garrone, contengono tematiche attuali, come “la smania per la giovinezza e la bellezza”, una satira della chirurgia estetica di oggi, l’ossessione di una madre pronta a tutto pur di avere un figlio ed il conflitto generazionale. Dentro queste fiabe amare, come in tutto il resto dell’opera di Basile, c’è la bellezza della vita ed il suo rovescio, lo scontro tra gli opposti che fa convergere dentro le emozioni personaggi e trame dai risvolti grotteschi. Garrone crea così un universo visivamente affascinante, pulsante di vita e di morte, colmo di quel simbolismo carismatico che ricorda il pittore fiammingo Bosh.

Ne “Il racconto dei racconti” troviamo la corsa esasperata del sogno che si intreccia con il tema del doppio, l’ossessione del desiderio che insieme alla cupidigia è foriero di terribili sacrifici umani, l’amore svilito dalla carnalità che cade nelle trame di donne ingannevoli a loro volta beffate dal latte delle fate. Un film tutto pensato al femminile: le protagoniste sono infatti tre donne che devono affrontare un difficile presente, una trasformazione a cui non sempre segue l’happy end.

Come ribadisce Alberto Alfredo Tristano, si tratta di “tre facce di un solo corpo scolpito dal tempo. La ragazza, la donna, la vecchia. Le tre, diversamente prigioniere, indirizzano la propria vita all’inseguimento desiderante di tre tempi alternativi: la ragazza sogna un altro presente (un matrimonio felice), la donna un altro futuro (un figlio, lei che è sterile), la vecchia un altro passato (una nuova giovinezza in cui essere regina). La loro corsa verso il sogno è vissuta con ossessione quasi patologica…” (“Il Garrone dei Garroni”, di Alberto Alfredo Tristano, CineCritica, periodico di Cultura Cinematografica a cura del SNCCI, aprile – settembre 2018).

C’è un lieto fine in queste fiabe amare? Forse solo per i meritevoli, in questo provvisorio mondo  dal sapore circense.

Paola Olivieri