PINOCCHIO DI MATTEO GARRONE.

“Pinocchio” di Matteo Garrone.

02 01 2020.“Pinocchio”, firmato da Matteo Garrone è un adattamento dell’immortale fiaba di Collodi, scritta tra il 1881 e 1883, collocata dal regista dentro scenari evocativi influenzati dalle illustrazioni di Enrico Mazzanti e dai contrasti cromatici della pittura dei macchiaioli. La sceneggiatura è stata scritta a quattro mani dal regista stesso con il comico toscano Massimo Ceccherini, è stata avviluppata in un canovaccio surreale, colmo di emozioni, di leggerezza e di divertimento, disseminato da geniali libertà artistiche. “Per questo ho scelto di lavorare con attori che avessero una naturale propensione al comico”, dice Matteo Garrone e prosegue “a cominciare da Roberto Benigni, ovviamente anche Massimo Ceccherini, che con me ha scritto sceneggiatura e poi Gigi Proietti, Rocco Papaleo e tutti gli altri interpreti, qui in ruoli buffi e divertenti. E’ anche grazie a loro e alla loro spontaneità se il mio Pinocchio ha una natura spettacolare e popolare” ( tratto da “Pinocchio La Storia Infinita” di Roberto Manassero Filmtv.press n2 del 24 12 2019).

Il regista precipita lo spettatore in un microcosmo rurale dal sapore arcaico della Toscana di metà 800, abitata da uomini bizzarri annichiliti dalla miseria più cupa e da metaforici animali parlanti capaci di incarnare i difficili meccanismi dell’uomo, fino a che il rivoluzionario elemento magico, crea con tutti loro visioni piene meraviglie.

Magia e tanta poesia sfiorano Il difficile presente di Mastro-Geppetto quando sogna di fare un bel burattino capace di recitare e ballare con il quale guadagnare per comprarsi un tozzo di pane e un bicchiere di vino.

Invece da quel magico ciocco di legna avuto in dono da Mastro Ciliegia che come dice Piero Dorfles “sapeva parlare prima di essere piallato, che conosceva i soprannomi di Geppetto e di Mastr’Antonio prima ancora di averli visti”, nasce sotto i colpi della sua ascia Pinocchio. “Dai, di qualcosa “ gli dice Geppetto guardando con amore paterno quel burattino non ancora terminato.

“Baabbo”, gli risponde il burattino. L’uomo rimane folgorato, il suo sogno è stato attraversato da un miracolo perché Pinocchio è qualcosa di più di un burattino: “ M’è nato un figlio” urla l’uomo uscendo dal suo tugurio, il suo cuore è invaso da un inaspettata gioia paterna e poco dopo una da terribile ansia per l’imprevedibile fuga della sua marionetta parlante. Il fortissimo legame d’amore tra Mastro Geppetto e Pinocchio è il fil rouge del film, il cuore pulsante della vicenda resa ancor più poetica dall’interpretazione di Benigni. Il premio Oscar da vita a una figura delicata quasi chapliniana a detta di alcuni critici , il vuoto della sua esistenza è stato colmato da quell’incontenibile amore paterno capace di perdonare sempre il suo Pinocchio.

Pinocchio ha fretta di diventare bambino, si ribella a qualunque regola, corre sempre cercando di vivere le mille avventure della vita, attraversando la miseria più nera conosce i duri contrasti dell’uomo, la paura della morte con la sua impiccagione e la grazia insperata attraverso la millenaria fata Turchina che lo salverà. L’accurata scelta delle location si è rivelata fantastica e pertinente, complice di quelle atmosfere surreali nelle quali un turbinio di fantastiche e drammatiche trasformazioni si rivelano essere momenti di mero incantanmento cinematografico. Immagine commovente e grandiosa quando Pinocchio, ormai trasformato in ciuchino, viene gettato in acqua, la Fata chiama a raccolta tutti i pesci che avvolgendolo gli strappano la pelle d’asino facendolo ritornare alla normalità. Allegorie e tante emozioni puteggiano questo film che guarda ai ragazzi.

Durante tutto il lungo viaggio di crescita individuale, il regista, attraverso una una fantasia dai toni dark mette in scena un microcosmo di allegorici animali, che indossano maschere rispecchianti vizi e virtu delle rispettive personalità. Pinocchio nella sua totale incoscienza, crede ai truffaldini Gatto e la Volpe che lo abbagliano con la falsa promessa dell’albero degli zecchini che cresce nel campo dei miracoli. Sarà punito benchè innocente, dal giudice Gorilla mentre la grossa Lumaca avverserà la sua presenza nella dimora della Fatina. Quasi alla fine, il burattino coglierà l’importanza degli ammonimenti del Grillo Parlante, che gli appare come fantasma in diverse scene del film.

Il fim è un viaggio che corre tra sconfitte, eventi che mettono a repentaglio la sua vita, tra mille bugie e propositi di buone intenzioni il cuore di Pinocchio batte sempre per il melanconico padre, che rincontrerà dentro il ventre della balena: è in questo luogo oscuro, forse un ventre materno che il burattino non ha mai conosciuto, che con puntiglio organizza la fuga dalla sua immaturità per la fase di vita adulta.

Nella scena finale appare Pinocchio felice, che corre dentro un campo di grano mentre torna a casa urlando al mondo e quindi al padre, che finalmente è diventato bambino. Garrone mostra la metamorfosi di Pinocchio non come un premio, ma come la fine di un percorso evolutivo dal valore pedagogico, per i più piccoli che si trovano di fronte ad una fiaba diversa. Tutti noi siamo stati  bambini scapestrati giocando ad essere  burattini, il passaggio dall’infanzia all’adolescenza è complesso, passa attraverso inaspettati incontri, lasciando la spensieratezza l’inequivocabile  crescita implica l’accettazione di regole e quindi essere irresponsabili non è più permesso.

Paola Olivieri