“E’ stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino

Ricordo con emozione l’Oscar che si aggiudicò Paolo Sorrentino con “La grande bellezza” (2014), in lizza con film di alto livello come “Alabama Monroe” diretto da Felix Van Groeningen e “Il sospetto” di Thomas Vintenberge. Il film conquistò quattro Efa, il Golden Globe come miglior film straniero ed un Bafta.

Nella short list degli Oscar 2022 è entrato “E stato la mano di Dio” l’ultimo film del regista premiato con il Leone d’argento a Venezia 78.

Al centro di questa nuova opera, c’è il ricordo della drammatica morte dei genitori del regista avvenuta in Abruzzo, a causa di una fuga di monossido di carbonio durante una breve vacanza in montagna. “L’ultima volta non sono andato perché mio padre mi aveva consentito di andare a vedere il Napoli in trasferta a Empoli”. “La passione salva ma uccide pure, mio padre aveva la passione per lo sci: sono le cose della vita”. dice il regista alla compianta Raffaella Carrà in una puntata di “A raccontare comincia tu” (Huffingtonpost, 10.05.2019).

Questa autobiografia corre in dimensione nostalgica e intima, attraversata dalle conseguenze del dolore, rivissuta in età matura insieme ai tanti ricordi adolescenziali bagnati di poesia e salutati dallo spettatore con emozione. “Questo era un film che non si poteva raccontare come gli altri: bisognava far parlare i sentimenti e le emozioni” dice Paolo Sorrentino (Cinematografo.it, 16 Novembre 2021).

Il protagonista è Fabietto Schisa, (alter ego di Sorrentino) un adolescente solitario chiuso nei suoi lunghi silenzi, ma capace di essere un allegro conviviale mentre banchetta tra i genitori e una miriade di bizzarri parenti, durante quelle chiassose tavolate, sotto il cielo accecante di Napoli. Napoli è la grande bellezza, il luogo dell’infanzia nella quale una semplice zuppa e latte fa la felicità. Sorrentino è intriso di nostalgia ma si firma disegnando personaggi iconici, dai rivolti grotteschi: appare la ruvida e sempre arrabbiata signora Gentile, il bizzarro fidanzato di Luisella ed un San Gennaro dagli occhi blu mare.

E che dire della scherzosa e giocoliera Maria (Teresa Saponangelo) madre di Fabio (Filippo Scotti) che fa coppia con Saverio (Toni Servillo) il brillante quanto enigmatico marito? E poi c’è il fratello Marchino (Marlon Joubert) che sogna un futuro in un film di Fellini giunto a Napoli in cerca di comparse. Per il giovane, l’imminente cambiamento non avverrà mai rifugiandosi nella misterica bellezza di Napoli.

Appare l’incontenibile zia Patrizia (Luisa Ranieri), sogno erotico di troppi uomini. Lo zio Alfredo (Renato Carpentieri), che guarda con delusione e perplessità l’umanità. In questo film si ride e si piange. La verità delle emozioni corre tra i diversi piani di lettura e lo spettatore diventa parte di un universo nel quale risuonano frammenti del proprio vissuto. E’ questa una delle tante magie di Sorrentino! Tutti i personaggi fluttuano in un clima struggente, cercano una via di fuga dalla realtà, si strappano risate con bonarie burle, sono, per Fabietto, gli ultimi sprazzi di quella felicità. Ogni napoletano ha il vizio di infiorettare l’amara quotidianità con credenze, vezzi e folklore. E’ stato o monaciello, dirà Patrizia al marito Franco, che scopre una somma di denaro nella borsa della moglie. Poco prima, l’affascinante donna aveva incontrato un uomo che, dichiarandosi essere San Gennaro (Enzo De Caro), l’aveva invitata a bordo della sua limousine. “La scena onirica del munaciello è una sorta di congedo dal mio cinema prima di È stata la mano di Dio, quando un certo tipo di copioni e la mia voglia di divertirmi mi hanno fatto usare la camera per movimenti anche molto complessi. Stavolta ho riscoperto la semplicità che sta nel decidere l’inquadratura e poi lasciare che le cose accadano dentro di essa. Mi sono chiesto chi me lo avesse fatto fare allora di complicarmi la vita a quel modo: così è molto meno faticoso», dice sorridendo il regista Paolo Sorrentino tra il munaciello e Maradona: Ho fatto un piccolo film per congedarmi dal mio vecchio modo di fare cinema” (Gennaro Serio 03 09 2021 Il manifesto.it). Nella scena finale, Fabio, seduto nella carrozza del treno in corsa per Roma, saluta o monaciello, sorridente presagio di quel successo cinematografico che tutti conosciamo. Il film corre tra la commedia e la tragedia, mentre Fabietto diventa Fabio con la morte dei genitori. L’incontro con il suo nuovo mentore Antonio Capuano è drammatico quanto salvifico. “Ma è mai possibile che sta città nun te fa veni in mete niente a racconta? Insomma, Schisa a tiene coccosa a ricere? O si nu strunz come a tutti quant gli altri? AA tien na cosa a raccontà? E’ tra le righe questi dialoghi che erompe, dall’animo di Fabietto-Paolo, quella creatività, anzi, quella grande bellezza che lo trasformerà uno dei registi più acclamati a livello internazionale.

Chi è di Napoli torna a Napoli”, dice ancora Capuano allo sperduto Schisa-Sorrentino, che a distanza di anni tornando nella sua città ritroverà se stesso.

Paola Olivieri

Ma è mai possibile che sta città nun te fa veni in mete niente a racconta? Insomma, Schisa a tiene coccosa a ricere? O si nu strunz come a tutti quant gli altri? AA tien na cosa a raccontà? Frasi del film

Chi è di Napoli torna a Napoli”,  Frasi del film