THE HATEFUL EIGHT REGIA DI QUENTIN TARANTINO

The Hateful Eight

04 febbraio 2016

GENERE: Drammatico

ANNO: 2015

REGIA: Quentin Tarantino

ATTORI: on Samuel L. Jackson Kurt Russell Walton Goggins,Jennifer Jason Leigh, Tim Roth Michael Madsen, Bruce Dern,Demian Bichir, Zoe Bell Dana Gourrier,James Parks,Channing Tatum, Gene Jones ,Keith Jefferson ,Craig Stark Belinda Owino SCENEGGIATURA:Quentin TarantinoFOTOGRAFIA: Robert Richardson

 

MONTAGGIO: Fred Raskin MUSICHE: Ennio Morricone PRODUZIONE: The Weinstein Company, Columbia PicturesDISTRIBUZIONE: 01 Distribution PAESE: USA

DURATA: 165 MinFORMATO: 35mm e Ultra Panavision 70

 

11/07/2016

“The Hateful Eight” di Quentin Tarantino è un’originale e appassionante rivisitazione del genere Western, dalle fosche tinte horror , dove gli sprazzi di ironia mordace provengono da un manipolo di antieroi di radice picaresca.
Il film è magistrale, corposo, corre tutto sul filo della tensione crescente e smascherante, con una tessitura ricca di suspense che sfocia in un tarantiniano colpo di coda. Risuonano il desiderio di raccontare attraverso un proprio linguaggio che ricorda “Bastardi senza gloria” , la frammentarietà di “Pulp Fiction” e quella violenza eccessiva e truculenta di “Kill Bill” .
Siamo nel periodo post Guerra di Secessione, nella regione montuosa dello Wyoming, stretta in una morsa di gelo e attraversata da una diligenza trainata da poderosi cavalli bianchi e neri . A bordo ci sono John Ruth ( Ken Russell) , un sanguinario cacciatore di taglie, con il suo trofeo da portare al patibolo: una donna. Si tratta di un’ autentica canaglia di nome Days Domergue, che si rivelerà il più ambiguo degli otto personaggi protagonisti del film.
Durante il tragitto incontrano il temibile ex Maggiore Marquis Warren ( Samuel L. Jackson, superbo attore ormai in pianta stabile nel clan tarantiniano), che si è speso per la causa dell’Unione degli Sati Uniti ed autentica il suo valore attraverso una lettera che dice essergli stata spedita da Abramo Lincoln. Anche questa volta, come in Pulp Fiction, l’attore interpreta uno spietato assassino dalla mente acuta, brutale verso quel razzismo troppo presente, capace al contempo di millantare con spavalderia e uccidere per riscuotere le taglie. Poco dopo sale a bordo della diligenza il viscido Chris Mannin , che si legittima come il neo sceriffo di Red Rok, il paese dove sono diretti. Se già la diligenza è un luogo di pericoloso scontro, dentro l’emporio di Minnie dove faranno sosta per una tormenta di neve, la conflittualità assume risvolti inquietanti.
Le grandiose immagini iniziali della natura sconfinata, dalla bellezza mozzafiato, sono in netta contrapposizione con quel luogo infernale, senza via di fuga, dove la locandiera e suo marito sono scomparsi misteriosamente. Il locale ora è in mano a detestabili personaggi: l’ambiguo messicano Bob che sembra occuparsi solo di cavalli e cibo, il boia di Red Rock Oswaldo Mobray dall’aria quasi dandy , il divertente mandriano Joe Gage che afferma di provare nostalgia verso la madre e il generale della Confederazione Sanford Smithers. in cerca di suo figlio scomparso.
Su quelle sedie che nascondono misfatti vicino al focolare, siede questa banda di uomini crudeli e disincantati, un microcosmo fatto di cacciatori di taglie e uomini che ostentano impossibili credenziali stellate. Tra loro non c’è confine morale, il clima di sfiducia si carica perché dietro quei giochi di parole e sotterfugi nessuno svela la vera identità.
Tarantino sgombra così il campo dal solito e temibile scontro tra criminali e sceriffi, non c’è nessun dualismo tra buoni e cattivi. In questo contaminato western, puntualizza le inquadrature finemente dettagliate e propone metaforici personaggi dai volti iconici che prolissamente e animosamente parlano di una loro giustizia, moralizzano l’efferatezza degli omicidi, discutono sui loro compensi .
L’emporio si tramuta in un improbabile tribunale dove i furfanti si erigono a giudici , ma nessuno di loro può decidere chi deve vivere o morire. L’immagine del bellissimo Cristo quasi sepolto sotto la neve sembra loro indifferente . Vuole Tarantino demitizzare la struttura western? Racconta questa vicenda avvalendosi degli strumenti del grande schermo , ma sembra di essere in un teatro, dove l’attenzione viene catapultata su una tragica realtà, un rovescio della medaglia lontano dal mito della frontiera.
Egli ci affabula con le emozioni, ma si interroga e ci interroga attraverso dialoghi incisivi e concitati, meri filtri di una dura realtà attraversata dalle ferite ancora aperte di eventi storici come l’Unione degli Stati e l’abolizione dello schiavismo .
“L’unico momento in cui i neri sono al sicuro è quando i bianchi sono disarmati”, replica il maggiore Warren. E’ chiaro che da questo microcosmo, e non solo, gli esiti della storia non sono totalmente condivisi. Lo scontro tra Sud e Nord è ancora senza tregua. Ma se nell’incedere della storia Tarantino si firma anche con gli eccessi ed un’esagerata violenza, si rivela anche stilisticamente abile a celare al suo pubblico i legami nascosti che sono l’azione del film.

Paola Olivieri