L’UOMO DI NEVE REGIA TOMAS ALFREDSON

L’UOMO DI NEVE

Regia di Tomas Alfredson

Casto composto da Michael Fassbender,  Charlotte Gainsbourg, Val Kilmer , J.K  Simmons , PAESE: Gran Bretagna. Durata 125 Min.Universal Pictures

 

24/11/2017Dalle gelide acque del Nord, ancora uomini che uccidono le donne: il guscio protettivo della  famiglia non privilegia più i piccoli, i traumi infantili colpiscono a distanza di anni e il fallimento si tinge di rosso sangue.

Il temibile serial killer del film “L’uomo di neve” non dimentica la visione della madre suicida, prigioniera nell’abitacolo della sua auto mentre sprofonda in un lago ghiacciato. Non dimentica di essere rimasto solo col suo pupazzo di neve. Le ferite sanguinano ancora dopo anni, i fiocchi rievocano e richiamano dal profondo quel trauma.

Prende di mira donne con figli illegittimi, ai suoi occhi incapaci di amare: per questo le frantuma, trasferendo in quella maniacale esecuzione il suo passato. Firma i suoi delitti con la creazione di pupazzi di neve, ritualmente sistemati di fronte alle abitazioni delle sue prede.

I misfatti sono le premesse di questo thriller, dai risvolti horror, firmato dallo svedese Tomas Alfredson, che si ispira al settimo romanzo omonimo del giallista scandinavo Jo Nesbø, pubblicato in Italia nel 2010. La sua abile penna ha disegnato magnificamente Harry Hole (Michael Fassbender), un poliziotto dall’istinto infallibile, fiaccato dall’alcolismo, legato a Rakel, madre dell’adolescente Oleg.

Harry è stato chiamato ad indagare perché troppo frequentemente rispetto al passato scompaiono donne separate: l’urgenza di scoprire la verità è sentita anche dalla sua collega Katreen, vittima inconsapevole di una dipendenza che si chiama passato.

Niente di più possiamo dire … Di certo c’è che il regista scandinavo immerge lo spettatore in un universo desolato quanto sconfinato, capace di risvegliare incubi terribili, mentre auto sfrecciano veloci su ponti sospesi, guidate da uomini e donne prigionieri dai loro demoni.

Negli sconfinati paesaggi norvegesi tutto sembra celarsi, appaiono iconici   protagonisti il cui passato è appena accennato, li percepiamo inafferrabili, mentre i nostri occhi   cercano indizi di orrore tra le pieghe di quella collettività apparentemente serena.

La struttura narrativa è complessa nel suo evolversi, quasi confusa e frammentata tra squarci di un passato da dimenticare e un presente torbido nel quale la verità è negata, dominata da donne che nascondono segreti.

Ciò che ipnotizza lo spettatore è l’atmosfera densa, capace di far immaginare le urla delle vittime mentre l’assassino infierisce.

Sembra che il regista, da fine narratore qual è, attui una mediazione tra l’immancabile morsa che stringe il pubblico con sinistri giochi di morte (le immagini finali sono potenti) ed i danni irreversibili causati da una genitorialità sbagliata.

 

Ma allora, chi è l’assassino? Medici ambigui, donne anaffettive, mariti che ripudiano le madri dei loro figli, sono i pezzi di un puzzle in cui lo spaesamento morale crea uomini deviati sullo sfondo di una società indifferente. Fassbender è perfetto nell’interpretare il poliziotto anticonformista, che travalicando le sue problematiche personali cerca la verità tutti i costi.

I ruoli femminili della Ferguson e della Gainsbourg sono calzanti, mentre Val Kilmer è potente nell’incarnare l’uomo deviato, inafferrabile quanto infantile.

Paola Olivieri