OCEAN’S 8 DI GARY ROSS

Ocean’s 8» di Gary Ross

 

30/0/2019La leggendaria collana Touissant di Cartier da 150 milioni di dollari al collo della diva dagli occhi di cerbiatto Daphne Kluger (Anne Hathaway) pronta per essere rubata ed una banda di otto bellissime ladre sono gli ingredienti della commedia – blockbuster   “Ocean’s 8”, spin-off  tutto  femminile del grande successo  “Ocean’s  Eleven” firmato Sodeberg.

La leader del gruppo è Debbi, una carismatica Sandra Bullock, sorellina di Danny, indimenticabile coo-protagonista di “Ocean’s Eleven”, che nel silenzio della cella di isolamento in cui è rinchiusa da oltre cinque anni ha escogitato un maxi furto da compiere al “Metropolitan” di New York durante un Galà esclusivo. E’ già stato pianificato dalla donna che né lei e né la sua banda saranno indiziati, poichè tutto ricadrà sul suo ex, la cui spiata gli ha procurato una lunga pena detentiva.

Perché scegliere il Met-Gala e non una banca, oppure un casinò? Perché i diamanti e non il denaro? Le “nostre”, che amano il rischio e mille altre emozioni, la pensano ancora come Marilyn Monroe e Jane Russell, quando ne “Gli uomini preferiscono le bionde” cantavano che “i diamanti sono i migliori amici delle ragazze”. Impossibile quindi resistere e tantomeno sbagliare in questa folle corsa per agguantare il malloppo.

In questo noir dai risvolti divertenti, con al centro un crimine, non ci sono solo la filosofia della ladre (“o la va o la spacca”) e la loro passione per i gioielli regali e gli abiti sfarzosi vessilli del potere: c’è la loro autodeterminazione, così come la fragilità che in questo caso prende il nome di “sete di vendetta” che arrovella Debbi.

“Non voglio un lui nella squadra”. “Una lei si ignora, un lui si nota”, conclude seccamente Debbi parlando con Lou (Cate Bòanchet), sua storica complice: insieme assolderanno  la  ricettatrice Tammy (Sarah Paulson), l’esperta di gioielli Amita (Mindy Kaling), l’hacker Palla Nove (Rihanna), la truffatrice Constance (Awkwafina) e la stilista Rose (Helena Bonham Carter). Quest’ultima si rivelerà indispensabile perché riuscirà ad agganciare Daphne mentre è travolta da un’ improvvisa rivalità con un’altra diva. La stilista le promette di disegnarle uno splendido abito, che necessita di una parure da sogno, magari una collana che non esce dal caveau di Cartier ormai da troppo tempo. Solo così potrà diventare l’attrazione del gala al Met.

Rose, premendo l’acceleratore sulla vanità della star, torna alla ribalta in un contesto raffinatissimo attraversato addirittura dalla direttrice di Vogue America Anna Wintour.

Mentre questo godibilissimo film incalza, il parallelismo con la trilogia firmata da  Sodebergh  è inevitabile: Gary Ross sostituisce la banda di uomini chiamando a sé tante donne e che donne! Il tutto in una sceneggiatura ritmata e densa di riferimenti al mondo della moda.

Con abili mani e ludica ironia, il regista  fa correre sullo stesso filo un crimine in mano all’universo femminile che  elude le telecamere passando di fronte ad esse con splendidi abiti e a volto scoperto.

L’astuzia di queste donne che sprigionano sfumature di una femminilità diversa, tutte unite e protese verso la rivincita, è unica come quel tarlo del rischio estremo che le fa vivere tra sogno e paura.  Anzi, dà vita ad una narrazione avvincente e tecnologica, che include il tema della coesione e, perché no, della vendetta, piatto che va consumato freddo.

E gli uomini? Mentre i profili delle star sono tutti ben definiti e pertinenti alla sceneggiatura, i ruoli maschili sono sbiaditi, confinati nella marginalità della trama, messi in scacco da eventi imprevisti.

Paola Olivieri