L’UFFICIALE E LA SPIA DI ROMAN POLANSKI. PREMIO FIPRESCI. GRAN PREMIO DELLA GIURIA ALLA MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA.

L’Ufficiale e la Spia

 

05 12 2019 L’affaire Dreyfus è stato un terribile errore giudiziario generato da una forte  discriminazione antisemita che scosse l’Europa  suscitando l’interesse di storici, filosofi, intellettuali e politologi come Hanna Arendt che lo ha citato nel suo saggio: “Le origini del totalitarismo”. Dal punto di vista cinematografico, questo caso è stato affrontato e percorso più volte. Il regista Roman Polansky con “L’ufficiale e la spia”, si ispira al romanzo omonimo di Robert Harris mentre, il titolo originale “J’accuse”, ricorda la celebre lettera di Émile Zola indirizzata al presidente della repubblica Francese. In questo film magistrale, le indagini condotte dall’ufficiale  Georges Picquart (Jean Dujardin )scaraventano il pubblico nel labirinto della seconda e sconvolgente inchiesta Dreyfus. Polanski, attraverso Il militare che si avvale del lume della ragione, rende l’opera cinematografica un monito, invocante quella sete di verità e il valore della responsabilità individuale, capaci di cambiare la storia.

Le prime immagini ci precipitano in una fredda e grigia giornata del gennaio del 1895, nel cortile dell’École e Militaire il capitano ebreo Alfred Dreyfus (Louis Garrel) sotto gli occhi degli alti gradi dell’esercito francese, viene degradato pubblicamente con l’accusa di alto tradimento. L’uomo sarà confinato in un atollo sperduto della  Guyana francese.

La stessa sezione del controspionaggio che aveva incriminato il capitano ebreo, ha come nuovo capo l’ufficiale George Picquart che subito scopre come il flusso di informazione al nemico è ancora ininterrotto Chi è la spia dunque? Dreyfus è innocente?

Picquart, spogliandosi da ogni pregiudizio, inizia a cercare ossessivamente la verità che, come vedremo in corso d’opera, non perde valore di fronte agli uomini di potere ma, a fasi alterne, subisce gli strali delle cospirazioni di palazzo. L’ufficiale è parte dell’esercito a cui ha dedicato quasi 25 anni della sua vita senza smarrire la sua identità, che si rivela autentica più che mai respingendo l’ottusa obbedienza del capitano Henry verso i suoi ordini . Il suo disappunto per tale omologazione non tarda ad arrivare in una scena chiave del film, quando il capitano si dichiara pronto ad eseguire qualunque ordine in nome dell’esercito.

Gli ambienti, in questo caso stanze piccole e maleodoranti con finestre dalla serratura rotta, sono lo specchio di un clima torbido nel quale foschi militari produssero un colpevole con fragili prove. E’ in questo microcosmo che il regista tratteggia psicologicamente i personaggi  intrappolati nelle menzogne che frementi lottano contro l’arroganza e l’illegalità dei potenti. Mentre Picquart informa gli alti vertici della presenza di una spia all’interno dell’esercito, la riabilitazione del capitano ebreo diventa una barriera che blocca il corridoio tra la giustizia e il dramma di un innocente recluso. Le  trame oscure stanno sempre più   fuorviando il caso ma le urla di un popolo infarcito di antisemitismo sono l’amaro prologo del Secolo Breve. La voce inascoltata di Picquart è accolta dallo scrittore intellettuale Émile Zola che, abbracciando la causa del capitano ebreo, scrive il famoso articolo J’accuse su L’Aurore. Questa lettera fu un terribile dardo indirizzato alla Terza Repubblica Francese nel quale furono denunciate tutte le irregolarità del caso.

Zola viene condannato, il caso infiamma la Francia e divide l’Europa, la grazia concessa nel 1901 al capitano Dreyfus non sana questa ferita inferta ad un innocente.

Cast stellare .Magistrale è l’interpretazione di Dujardin nel ruolo di Georges Picquart , capace di dar vita ad uomo che innamorato della verità mette a repentaglio la sua carriera per correre incontro ad una vittima che, grazie all’attore  Louis Garrel  diventa un Dreyfus senza tempo. Che dire di Emnanuelle Seigner che veste di Pauline Monnier? Splendida e credibile in ogni sua interpretazione.

PAOLA OLIVIERI